Massima solidarietà al personale di bordo treno aggredito


No deciso alla violenza: per questo motivo ci dichiariamo solidali verso l’ennesimo e gravissimo caso di aggressione ad un capotreno (dell’azienda Trenord) in Lombardia, che ha rischiato l’amputazione del braccio.

In treno come in comunità ognuno di noi è tenuto a essere responsabile e a conservare l’ordine pubblico, non aspettiamo sempre sia il nostro vicino a fare il primo passo.

http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/15_giugno_12/capotreno-aggredito-machete-migliora-braccio-l-intervento-175a78be-10d3-11e5-b09a-9f9a058e6057.shtml?refresh_ce-cp

Fortunatamente molti convogli sono ormai dotati di impianti di videosorveglianza interna, ma resta indispensabile la partecipazione attiva e di tutti noi.

Informazioni su Marco Chiandoni

Curioso, amo scoprire il territorio dove vivo, vagabondando senza troppi pensieri e progetti. Amo le ferrovie, il viaggiare lento, l'amicizia, la compagnia e le goliardate. Corrispondente freelance per International Railway Journal e bibliotecario, pratico la scrittura per condividere alcune esperienze e riflessioni.
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Una risposta a Massima solidarietà al personale di bordo treno aggredito

  1. simsesta668 ha detto:

    Di certo oggi ci sono mestieri e professioni che si presentano difficili. Un capotreno (spesso anche donne brillanti e anche in tarda serata) si trova a dover gestire situazioni che, di fatto, sono di ordine pubblico e il ruolo di agente di polizia amministrativa non basta.
    Qualche tempo fa, da comune cittadino, sentii il dovere di intervenire (solo verbalmente, ovviamente, facendo presente che il capotreno non era solo) non per un gruppo di forestieri ma per un rampollo figlio di papà che, avendo alzato un po’ il gomito e/o assunto qualcosa, non aveva fatto il biglietto e non voleva esibire alcun documento: strattoni al capotreno e invettive assurde. Il capotreno riuscì a contattare la Polfer con un’astuzia che approvai in pieno: di fatto ignorò il viaggiatore, lasciandogli l’idea di averla avuta vinta, ma facendogli trovare i poliziotti all’arrivo a Udine.
    Anche io lavoro al pubblico e sono abituato a gestire e subire scatti d’ira più o meno giustificati (nella mia vita sono capitati anche a me e dopo me ne sono sempre sentito in colpa, pur non trattandosi che di mere discussioni); un moto di stizza può capitare ma non si può arrivare a minacce e ferite.
    Del resto è anche un problema di educazione: lo scatto d’ira per una giornata storta potrà anche capitare ma non deve venire meno il rispetto verso il lavoro altrui e la consapevolezza che questi svolge semplicemente l’operato cui è tenuto. E’ un po’ come quando vedo persone scagliarsi con i vigili che hanno elevato multe con l’autovelox, quasi come se essi non fossero stati inviati a pattugliare un certo tratto stradale ma volessero per fini privati: se in un certo tratto il limite fosse inadeguato occorrerebbe far valere le proprie ragioni in sedi opportune, non sull’ultima ruota del carro chiamata ad eseguire.
    Infine, chi riesce a farla franca non pagando il biglietto non è “un grande” ma, semplicemente, un parassita che fa danno a tutti.

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